Caro “Don Franco”,
per celebrare la ricorrenza di San Giovanni Bosco, che il Papa Giovanni Paolo II ha indicato come “padre e maestro della gioventù”, abbiamo il piacere e l’onore immenso di ospitarLa tra noi, all’interno di questa Scuola dell’Infanzia, che per tutti i genitori presenti, costituisce un punto di riferimento educativo, morale e religioso, al quale speriamo possano un giorno ispirarsi anche i nostri figli.
La sua presenza qui, in questo momento di generalizzato disagio per la dimensione spirituale ed umana della società civile, è di grande importanza e ci sostiene nell’affrontare le difficoltà di una vita dai ritmi irragionevolmente intensi, all’interno della quale è sempre più arduo trovare spazio per valori veri quali, la famiglia, la solidarietà, la fede e la speranza.
Abbiamo letto ed apprezzato molto il tono ed il contenuto della lettera che ha scritto alle famiglie, ed in particolare abbiamo compreso quanto desiderio Lei abbia di infondere serenità e fiducia nell’animo di tutti noi, consapevole evidentemente dei problemi, non solo materiali, che ci troviamo ad affrontare tutti i giorni.
La sua ostinazione nel voler essere per il popolo dei fedeli semplicemente “Don Franco”, altro non è che l’espressione autentica della sua vicinanza, del suo intendimento di intercedere per noi con l’autorevolezza del suo ruolo ecclesiastico, senza però lasciarci soli nell’avventura della vita e nel percorso spirituale che, passando attraverso la fede, può dare un senso più nobile alla nostra esistenza.
La maniera dolcemente nostalgica con cui si rivolge a noi, tuttavia, ci fa anche riflettere su un dato che molto spesso, nei rapporti con l’ordine sacerdotale viene trascurato e cioè, quanto desiderio di ricevere forza, incoraggiamento e calore possa avere chi, come Lei, è chiamato ad assumere un carico di responsabilità così grande.
E’ un po’ come quando tutti noi, passando dal ruolo di figli all’affascinante ma difficile compito di genitori, ci siamo trovati nella necessità di dare risposte ai nostri figli in merito a domande che avremmo ancora voluto, noi stessi, porre ai nostri genitori.
Certo Lei ha il sostegno della fede, come molti tra noi, ma ci sentiamo in dovere comunque, come esseri umani, di manifestarLe tutta la nostra benevolenza, il nostro affetto, la nostra stima e, qualora fosse necessario, il nostro sostegno e il nostro aiuto.
Crediamo che la prima manifestazione della Cristianità risieda nel dovere di ricevere, predisponendosi a dare, anche nei confronti di chi, come Lei, ha una infinita riserva di coraggio e di fede.
Forse uno dei mali della nsostra società sta proprio nella pretesa diversificazione di ruolo tra chi, da sempre si annulla per dare e chi, invece, crede sia giusto sempre e soltanto ricevere, avendo smarrito il senso della solidarietà, il gusto del dialogo e l’importanza della riconoscenza.
Cercheremo di evitare questo errore e saremo felici di raccogliere il suo invito a leggere e a riflettere insieme sul Vangelo e, conseguentemente, disponibili ad impegnarci tutti insieme per tradurre in opera la Parola di Dio.
Le chiediamo, dunque, di poter continuare il nostro sogno comune, un sogno che per i più fortunati conicide con i ricordi e che, ognuno di noi, desidera possa nuovamente trasformarsi in realtà, per il prossimo futuro dei nostri figli.
La salutiamo e la ringraziamo, anche a nome delle Suore e dei nostri bambini, rivolgendole una raccomandazione: non aspetti un invito per entrare nelle nostre case, per Lei la porta è sempre aperta, entri senza bussare, Lei fa parte delle nostre case, delle nostre famiglie e delle nostre vite ed ha un posto accanto a noi tutti i giorni, “ e non solo per prendere un buon caffè…” !